SELBSTBWEGUNG. 2012
Galleria Corpo 6, Berlino

"La Verità non è venuta nuda in questo mondo, ma in simboli ed immagini." Filippo, Vangelo gnostico, codice II, 51, 29 - 86, 19, versetto 67



Selbstbewegung di Stefano Canto è un progetto installativo e site-specific che si articola, attraverso una traettoria di segni-sculture, in una lucida e sospesa, epifania di enunciati e operazioni simboliche. Una semiosi, il cui territorio di analisi, individua la dinamica degli attriti e delle convergenze operanti nella dialettica: uomo – natura. Una processione di proposizioni critiche. Una filosofia naturalis che introduce il modulo del luogo individuato dall’artificio architettonico - la città – per attuare un epistème dei processi di decostruzione e ricomposizione del dato naturale. Lo spazio come forma formante e formata. Architettura, come poetica interpretativa delle continue modulazioni metamorfiche del naturale; gli adattamenti, del piano organico del reale, all’interno del suo simmetrico simbolico: l’inorganicità, asettica, dei processi invasivi, coatti della postmodernità contemporanea. E viceversa. La riflessione sul funzionamento del luogo architettonico - luogo urbano, disegnato e costruito per essere indossato,come utero ulteriore, successivo, definitivo – atta ad individuare la permanenza del culturale nell’organico. E, le sue continue progressioni nell’ordine del significante. La metodologia di ricerca adottata da Stefano Canto prevede l’introduzione di un segno, componibile, accumulabile, computabile, modulare. Il cubo. Unità, che, nelle sua implicazioni simboliche, come porzione conclusa di una semiosi - un frammento del reale, un’estrazione metaforica - e fisica, in quanto oggettivazione compiuta del significante, la reiterazione della forma cubica, opera un dispiegarsi, continuo, esponenziale della messa in opera di dispositivi di ricezione. I lavori in Selbstbewegung si presentano, come eventi-segni. Dove sedimentano i processi di contrazione, dilatazione, addizione, sottrazione del naturale dentro il non naturale. Si apre, dunque, dentro lo spazio espositivo, una dialettica fra natura e cultura. Dove ogni lavoro ne oggettivizza una specificità di relazione. Nelle scomposizioni fotografiche, che aprono il progetto installativo, è il cielo – dettaglio incongrafico culturale, sottratto alla scenografia schinkeliana per il Flauto Magico di Mozart; il parco di Schinkel è limitrofo alla galleria – stampato su carta, adesiva e rifrangente, ad avviare il processo di trasmutazione. Il dato naturale si sfalda, nella griglia modulare, triangolare e cubica, incisa meccanicamente, per ricomporsi secondo coordinate propriamente costruttive. Elementi architettonici, compaiono sulle campiture sfumate, tenui dei paesaggi notturni. Il segno naturale, si svolge, costringendosi, nella misurabilità tridimensionale. Elementi architettonici, obliqui, nascono come riflesso negativo stagliandosi sopra cieli plumbei. Viceversa, in Caedo, che costituisce il secondo elemento nella scrittura allestitiva di Selbstbewegung, è, propriamente, il dato inorganico ha rappresentare l’attore di decodifica dell’elemento naturale. Caedo si presenta come il calco in cemento degli spazi, vuoti, concavi, scavati nei tronchi d’albero da letali agenti patogeni. Funghi della flora cittadina, contestuali ai fenomeni degenerativi causati dai processi di iperurbanizzazione. The Wall avvia una sintesi nel processo dialettico. L’istallazione si presenta come accumulazione, geometrica, di catadriotti rettangolari montati su PVC. Catadriotti che, detournati dalla logica funzionale di scrittura - illuminazione segnaletica di un percorso o di un oggetto – di una traccia percorribile lungo l’epidermide del suolo, diventano, nella loro autoreferenzialità il significato di un’unità non divisibile. L’accumulazione degli elementi rifrangenti, costituisce un dispositivo di riflessione e di diffusione di luce naturale, la cui specificità si rintraccia nell’iperstimolazione retinica. Un dispositivo bidimensionale di cancellazione e azzeramento sensoriale che opera all’interno del sistema cultura-città. Esasperando l’inattuabilità di ogni discrimine e separazione fattuale. Il soggetto confluisce nell’oggetto. L’interno in esterno. La natura in cultura … e viceversa. Si delinea una metafisica, applicata, laica. Atea. Sperimentale. Praticabile. Selbstbewegung si conclude nell’ultimo enunciato. Georafie in contrazione. B1 è un blocco di cemento, realizzato, nei giorni immediatamente precedenti la mostra, nel parco di Schinkel adiacente la galleria. Dove gli elementi costitutivi - sabbia, acqua, terra, materiali inerti – si coagulano per costruire un cubo di registrazione delle dinamiche di modificazione e di omogeneizzazione operate dall’uomo sulla natura. Si delinea la costruzione di un unità fisica e simbolica dei due apparati simbolici di riferimento. Una convergenza la cui inevitabilità, si esemplifica, ulteriormente nella sonorizzazione che accompagna la presentazione del cubo. La registrazione della colata è riprodotta, in loop, sancendo una compiutezza, un’unicità, non duale, dei due momenti. La tangenza e l’unione della cultura nella natura. E la compresenza dell’elemento naturale dentro il logos. La necessità di un’unione annunciata. Emerge, dunque, il significato della parola Selbstbewegun. Individuata dal curatore del progetto. “Movimento in circolo”. Termine che, mutuato dalla teorizzazione platonica, indica il funzionamento, automatico, del reale come dinamica, flusso circolare. Una progressione simbolica che articola un dialogo vivo, mobile, uguale a se stesso e in continuo divenire. Si costruisce un organismo di gnosi, dove i due piani si riconoscono e si decostruisono. Dispiegandosi nella descrizione di uno scenario simbolico aperto. Un articolarsi di "proposizioni oggettuali ", unitario. Organico. Una perenne scrittura e riscrittura di simboli, densi, pulsanti. Vivi.

Fabio Campagna